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     PEREGRINATIO
Quinto centenario della Morte di San Francesco di Paola
                                     LA DEVOZIONE AI SANTI NELLA CHIESA CATTOLICA

“Oltre che della Liturgia dei sacramenti e dei sacramentali, la catechesi deve tener conto delle forme della pietà dei fedeli e della religiosità popolare. Il senso religioso del popolo cristiano, in ogni tempo, ha trovato la sua espressione nelle varie forme di pietà che circondano la vita sacramentale della Chiesa, quali la venerazione delle reliquie, le visite ai santuari, i pellegrinaggi, le processioni, la« via crucis », le danze religiose, il rosario, le medaglie, ecc. Queste espressioni sono un prolungamento della vita liturgica della Chiesa, ma non la sostituiscono: « Bisogna che tali esercizi, tenuto conto dei tempi liturgici, siano ordinati in modo da essere in armonia con la sacra liturgia, derivino in qualche modo da essa, e ad essa, data la sua natura di gran lunga superiore, conducano il popolo cristiano ». È necessario un discernimento pastorale per sostenere e favorire la religiosità popolare e, all’occorrenza, per purificare e rettificare il senso religioso che sta alla base di tali devozioni e per far progredire nella conoscenza del Mistero di Cristo. Il loro esercizio è sottomesso alla cura e al giudizio dei vescovi e alle norme generali della Chiesa”.(dal Catechismo della Chiesa Cattolica nn. 1674 — 1675 — 1676)
 La devozione ai santi è antichissima nella Chiesa; le sue radici affondano nel culto familiare dei defunti presente in tutti i popoli, anche ai nostri giorni. La Chiesa infatti riporta il legame familiare, fondato sui vincoli del sangue, alla dimensione della nuova Famiglia dei figli di Dio, rinati attraverso il sacramento del battesimo. Nasce da qui l’uso di riunirsi a pregare presso le tombe dei defunti, specialmente perché i primi morti cristiani furono i martiri Stefano e Giacomo. Non si trattò quindi soltanto di fratelli nella fede, ma di fratelli morti per la fede. Questa iniziale devozione ai martiri si esprimarà con la riunione, nel giorno della morte, chiamato giorno della nascita al cielo, presso la loro tomba per celebrare l’Eucaristia; solo in seguito se ne invocherà l’intercessione, in quanto amici di Dio, come si legge in un antico graffito delle catacombe di S. Sebastiano a Roma, datato il 9 agosto 260, “Paolo e Pietro, pregate per Nativo nell’eternità”. Notiamo sin dall’inizio la netta distinzione tra Dio e i santi: solo Dio è l’autore di ogni dono di Grazia; e la celebrazione annuale della memoria dei santi è occasione per accostarsi al Signore attraverso la celebrazione e la partecipazione alla Messa; le preghiere che si rivolgono ad essi sono un modo indiretto di rivolgersi a Dio, facendosi come “raccomandare” dai suoi amici, che sono anche nostri fratelli nella fede. La vera devozione ai santi acquista così la sua giusta espressione: ritorno a Dio attraverso la vita sacramentale, preghiera in comunione con i santi e impegno a vivere secondo l’esempio che essi hanno lasciato. Anche per noi, che celebriamo la festa del Santo Patrono, vale l’invito della Chiesa a rivedere i contenuti della nostra devozione. Non basta una devozione fatta di parole o di semplici gesti esterni. Dice infatti Gesù: “Non chi dice Signore! Signore!’ entrerà nel regno dei cieli; ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli” (Mt. 7,21). Saremo veramente devoti se la festa diventerà incontro sacramentale con Gesù Cristo, e se l’esempio di preghiera e di penitenza di San Francesco di Paola saranno punto di riferimento nella nostra vita. Anche la manifestazione esterna della festa deve essere interiorizzata. Portando il Simulacro o le Reliquie del Santo Patrono per le strade del nostro paese, vogliamo sottolineare che l’esempio che Egli ci ha lasciato deve essere vissuto non solo nei momenti in cui andiamo in chiesa, ma in tutta la vita quotidiana, come la strada di fatto indicata. E, infine, mentre noi sosteniamo esteriormente il suo Simulacro o  l’Urna con le sue Reliquie chiediamo col cuore che sia San Francesco di Paola a sostenere noi con la sua intercessione presso il Signore, e a suscitare, col suo esempio, quella fede che ci porta a Dio, meta ultima del nostro cammino quotidiano.

IL CULTO DELLE RELIQUIE NELLA CHIESA CATTOLICA “La Chiesa, secondo la sua tradizione, venera i santi e tiene in onore le loro reliquie autentiche e le loro immagini. Le feste dei santi infatti proclamano le meraviglie di Cristo nei suoi servi e propongono ai fedeli opportuni esempi da imitare”.(Concilio Ecumenico Vaticano II, Cost. Sacrosanctum Concilium n° 111)II termine reliquia (dal latino reliquiae, resti) indica, in senso stretto, la salma, o una parte di essa, di una persona venerata come santo o beato. In senso lato, una reliquia è un qualsiasi oggetto che abbia avuto con i santi una più o meno diretta connessione, come vesti, strumenti del martirio, o qualsiasi cosa essi usarono. Si parla di reliquie da contatto nel caso di oggetti che sono stati a contatto con il santo, da vivo o da morto, o con altre sue reliquie. La venerazione delle reliquie è diffusa soprattutto nel Cristianesimo. I corpi dei santi sono generalmente conservati in sarcofagi o, a volte, in urne di cristallo che ne permettono la visione. Le reliquie di piccole dimensioni sono invece custodite in oggetti di uso liturgico, detti reliquiari, il cui uso data almeno dal V secolo. Vi sono degli speciali reliquiari per i frammenti della croce, piccoli e grandi, chiamati stauroteche (dal greco stauròs, croce). Sono particolarmente venerati i corpi di santi che si conservano incorrotti a distanza di decenni o di secoli dalla morte. In effetti, la Chiesa cattolica considera questo un indizio di santità; nelle cause di beatificazione viene sempre compiuta (quando possibile) la ricognizione della salma, per constatarne lo stato di conservazione. I cattolici ritengono, attraverso le reliquie, di poter chiedere più efficacemente l’intercessione del santo a cui esse sono connesse. Così, ad esempio, la persona che domanda una grazia, per sé o per altri, può visitare il luogo in cui la reliquia è custodita, e (se permesso) toccarla o baciarla. Nel corso dei millenni le reliquie dei santi ebbero usi differenti, sia per il loro impiego (solenni processioni, traslazioni, benedizioni, ecc.) sia per la loro dislocazione fissa. Ad esempio sant’Ambrogio fece costruire quattro basiliche ai quattro lati di Milano, ciascuna delle quali conteneva corpi di santi, con un intento protettivo contro i nemici e le forze del male. Una forma particolare di culto che incrociò la propria strada con l’uso delle reliquie fu quella delle immagini sacre. Una parte della controversia che si espresse nell’iconoclastia non riguardava tuttavia la possibilità di venerare le immagini di Cristo o dei Santi, ma il potere taumaturgico o miracoloso di una specifica immagine. Terminata (almeno all’interno della chiesa cattolica) questa controversia, il culto delle immagini è concesso solo in quanto rappresentazione del Cristo, degli Angeli o dei Santi. Secondo la dottrina della Chiesa cattolica, questi atti non sono assimilabili alle pratiche magiche o superstiziose poiché mentre chi pratica queste ultime crede che esse abbiano efficacia di per se stesse, nel caso delle reliquie, invece, non è l’atto in sé che avrebbe efficacia, ma la preghiera che ad esso si accompagna, e anche questa solo in quanto la grazia richiesta viene concessa (o non viene concessa) per libera scelta di Dio. Il culto delle reliquie è considerato dalla Chiesa cattolica una forma di religiosità popolare . Tuttavia, il culto pubblico è permesso soltanto per le reliquie che si riferiscono a santi o a beati riconosciuti ufficialmente tali dalla Santa Sede; tali oggetti devono essere autenticati, e tale facoltà compete esclusivamente ai cardinali, agli ordinari ed agli altri ecclesiastici, cui sia stata conferita da un indulto apostolico. 
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