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Quinto centenario della Morte di San Francesco di Paola
PEREGRINATIO 2008
L’IMPEGNO POLITICO
L’impegno politico si sviluppa soprattutto durante la permanenza in Francia, dove egli arriva latore di messaggi politici ben precisi da parte di Sisto IV e di Ferrante d’Aragona. Per il papa deve trattare l’abolizione della Prammatica Sanzione adottata nel 1438 dall’assemblea del clero riunita a Bourges; deve risolvere la questione del versamento delle decime per la guerra contro il turco sospeso dal 1478; deve facilitare la restituzione alla Santa Sede del contado di Valentinois. Luigi XI, inoltre, doveva pubblicare la Bolla d’interdetto contro Venezia. Per il re di Napoli c’era la questione della difesa dei confini del regno contro il turco e il rifiuto di avanzare pretese nella successione sul regno.
Preghiera e iniziative a favore della pace
San Francesco svolge queste missioni con grande impegno. Nelle lettere scritte al papa esprime tutta la sua preoccupazione perché i principi cristiani vivano in pace: «lo mi affatico a pregare Dio, benché sia peccatore perché vi sia pace tra i principi cristiani e i Signori, osservando invece il contrario… lo sono certo che Dio abbia eletto Vostra Santità a questa Sede perché possiate realizzare la pace e la concordia tra tutti i Cristiani». Altre questioni politiche delle quali san Francesco si è occupato sono state: la restituzione al re di Spagna delle contee di Roussillon e di Cerdagna da parte di Carlo VIII con il trattato di Narbona; la pace con il ducato di Bretagna, suggerendo il matrimonio del re Carlo VIII con la duchessa di Bretagna Anna.
Ai vertici della diplomazia europea
Stando alla corte di Tours, Francesco si trovò praticamente ai vertici della diplomazia europea. Lo intuì molto bene la Santa Sede, che gli affidò diversi incarichi. Quando, nel 1489, il conflitto tra Innocenzo VIII e Ferrante d’Aragona raggiunse la punta più alta, Francesco si adoperò perché Carlo VIII scegliesse la strada della diplomazia per risolverlo. Il re, infatti, non accettò l’invito del papa a far valere i suoi diritti dinastici sul Regno di Napoli. In occasione della discesa di Carlo VIII in Italia (1494-1495) l’Eremita si astenne forse dall’incoraggiarla, malgrado le pressioni degli esuli napoletani rifugiatisi a Tours dopo la strage dei baroni. Fu invece determinante il suo consiglio per non fare attuare la seconda discesa, quantunque fosse già ampiamente predisposta. Alessandro VI gli affidò la missione di dissuadere Carlo VIII a muovere guerra alla Spagna e di riconciliarsi con Ferdinando V d’Aragona. Francesco portò a termine tale missione e il 24 novembre 1497 ad Alcalà de Hènarès fu siglata la tregua tra Francia e Spagna.
Un impegno guidato dalla luce dello Spirito
Ma, in che termini si può parlare di impegno politico da parte di san Francesco? Egli evidentemente non era un politico nel senso stretto del termine; non era abituato a muoversi nelle trame complicate della politica del tempo, e quanti accorrevano a lui erano consapevoli di questo. Né tanto meno potevano aspettarsi da lui raccomandazioni o pressioni presso il re, che potessero avere solo lontanamente il sapore di compromesso o di imbroglio. Che cosa si aspettavano i potenti del tempo nel cercare l’incontro con lui e che cosa riportavano dal colloquio avuto? Una risposta, forse, la troviamo nelle note scritte dal cronista di corte in Francia, Filippo De Commynes. Egli, anzitutto, annota scrupolosamente che il papa e i cardinali si intrattennero a lungo a colloquio con lui, e che lo stesso Carlo VIII discorreva con Francesco dinanzi ai notabili della corte; poi giudica così le risposte di Francesco: «Sembrava che egli fosse ispirato da Dio sulle cose che diceva e manifestava, altrimenti non poteva parlare delle cose di cui parlava». Era perciò il sapore di Dio, la luce dello Spirito, che essi cercavano. Ripieni di questa luce sapevano poi come comportarsi e destreggiarsi tra i meandri della vita di corte, nel contatto, fra gli Stati, nell’ affrontare i problemi della chiesa, dell’economia e di ogni altro settore o aspetto della vita.
All’origine dei miracoli: fede e preghiera
Per i molti miracoli operati in vita, egli nella Chiesa ha il titolo di taumaturgo. Quanti hanno deposto al processo per la sua canonizzazione si soffermano a lungo sui numerosi miracoli che egli ha compiuto. I più numerosi sono quelli di guarigione: ridona la vista ai ciechi; guarisce da malattie gravi, quando i medici ormai avevano dichiarato la loro impotenza; sana ferite causate da incidenti sul lavoro. Egli vela questo potere con delle ricette, quasi sempre molto strane, usando erbe e altri mezzi naturali che, usati dai medici, non avevano lo stesso effetto. Alla base, però, pone sempre la fede e la preghiera. Chiedeva, pertanto, a quanti ricorrevano a lui, di pregare intensamente e li sollecitava ad avere grande fede nel Signore: «Chi non ha fede, neanche può avere grazie». Questo potere fu causa per lui di contrasti e di calunnie da parte di tanti medici del tempo, che si servirono di un frate francescano, p. Antonio Scozzetta, per additarlo alla gente come imbroglione. Ancora una volta fu il miracolo del fuoco tra le mani a far credere nella sua santità e a spingere il suddetto predicatore a chiedergli perdono.
Il potere sulla natura
Altri miracoli san Francesco li ha fatti nei confronti della natura, dominandola in diverse occasioni: ferma i massi che stavano precipitando sugli operai, fa sgorgare l’acqua dalla roccia, entra nella fornace dove cuoceva la calce per ripararla, calma il mare, alleggerisce il peso delle pietre da portare per la costruzione del convento, moltiplica il pane ecc. Vive con la natura un rapporto estatico, da richiamare l’estasi del paradiso terrestre o la realizzazione dei tempi messianici. Anche con gli animali vive identico rapporto: lo segue l’agnellino Martinello; prende tra le mani serpenti e insetti pericolosi; nella primitiva solitudine gli fa compagnia un cerbiatto; nei suoi viaggi lo accompagna qualche volta un asino, chiamato anch’esso Martinello. Ha anche il dono di far risorgere i morti, come il caso dell’impiccato in Sicilia, o dell’uomo morto sotto la neve a Paterno, o del nipote, che restituisce alla sorella con la promessa che non gli avrebbe più impedito di farsi religioso.
Il dono della lettura dei cuori e della profezia
Il Signore lo ha dotato altresì del dono della lettura dei cuori e della profezia: diverse persone vengono rimproverati per peccati commessi, come il caso di un uomo che aveva ucciso il proprio padre e che, di ritorno dal pellegrinaggio a Santiago di Compostella, si ferma a Tours per salutarlo. Predice carestie e guerre, soprattutto lo sbarco dei Turchi ad Otranto e la sua liberazione dopo un anno.
 
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