+0390963060290 info@pizzocalabro.it

CRESCERE ALLA SCUOLA DI SAN FRANCESCO

Cinquecento anni ci separano da san Francesco di Paola: può un giovane oggi imparare qualcosa da un uomo così lontano nel tempo? Quali potrebbero essere i valori che, conoscendo la sua vita, i giovani oggi possono cogliere e vivere?
Rispondendo a queste domande, voglio suggerire alcune riflessioni su come san Francesco può oggi parlare ad un giovane, che fa della sua crescita un problema vitale.

1- San Francesco l’uomo che sceglie
L’impegno per la scelta della vita è il valore fondamentale che un giovane può cogliere in San Francesco di Paola. Scegliere non è facile, perché la paura di assumersi delle responsabilità fa rimandare al futuro ogni decisione. Si rischia così di non vivere, ma di lasciarsi vivere, perché non si può fare a meno di confrontarsi con gli avvenimenti, che, o si governano con intelligenza e responsabilità o si impongono a noi.
La vita richiede che l’uomo ne assuma il comando, guidandola con le proprie scelte e decisioni, non lasciandosi trasportare dalle correnti come una barca alla deriva.
Oggi si è tentati di declinare ogni scelta, lasciando che siano gli avvenimenti a decidere per noi. Se poi le scelte da fare si presentano a noi come scomode e faticose, cerchiamo di evitarle o rifiutarle.
Non è stato così per San Francesco, che si è mostrato un uomo deciso e impegnato, capace di assumersi responsabilità fin dall’adolescenza.
Accetta di andare a San Marco Argentano all’età di sedici anni circa. Lì cominciò un cammino serio di discernimento della sua vita, fatto con impegno e generosità alla luce della fede. Rifiutò di rimanere in quel convento come frate, nonostante genitori e religiosi lo invogliassero a farlo. Fece il pellegrinaggio ad Assisi alla ricerca di una luce che dall’alto lo illuminasse. Alla fine decise di ritirarsi a vita eremitica, all’età di diciassette anni circa. Fu una decisione ferma, discussa con i genitori, dalla quale, essenzialmente, non tornò mai indietro.
Lungo l’arco dei suoi 91 anni quante volte è stato chiamato dagli avvenimenti a fare scelte coraggiose, che lo hanno scomodato profondamente, fino a mettere in discussione la sua libertà di uomo, correndo il rischio di essere arrestato!
Alcuni esempi:
• l’essere diventato un fondatore di un Ordine religioso non era nei suoi progetti; è stato un disegno di Dio, che lui ha colto dagli avvenimenti; cioè dal fatto che diversi giovani gli chiesero di seguirlo. E lui ha dovuto adattare le sue abitudini di eremita solitario alle esigenze della vita comunitaria.
• L’esser diventato interprete dei problemi sociali della sue gente, oppressa dall’ingiustizia, è stato un impegno che egli lentamente ha assunto a mano a mano che si accorgeva del bisogno di intervenire. Non era facile opporsi al dispotismo del tempo. Ha rischiato di essere arrestato dal Re di Napoli. Solo un miracolo lo liberò dai soldati venuti da Napoli per arrestarlo.
• La partenza per la Francia all’età di 67 anni è una scelta che gli fu imposta per obbedienza dal Papa. Lui l’ha accettata con fede, anche se sono da immaginarsi le difficoltà alle quali andò incontro. Sappiamo però i grandi frutti di bene prodotti per la società europea del tempo da tale sua disponibilità.

2- San Francesco, l’uomo tutto di un pezzo
Scegliere si, è un dovere e un bene, ma nella coerenza di vita, nella fedeltà agli ideali. E’ questo che fa un uomo maturo e onesto; e questo che si chiede a un giovane che si apre alla vita. La tentazione di cedere alle mode altalenanti, al pensiero dominante, all’asservimento a chi può darti qualcosa nella vita, è molto forte per l’uomo, soprattutto per i giovani, la cui fragilità psicologica, tipica di certe fasi della crescita umana, li espone ad essere condizionati, manipolati, plagiati. Ecco allora l’esigenza della coerenza attorni agli ideali scoperti e accolti.
Su questo aspetto San Francesco di Paola può dare un’altra lezione di vita, perché, conoscendo i suoi comportamenti, lo possiamo definire un uomo tutto di un pezzo. Non ha ceduto dinanzi alla cultura dominante del tempo, incline ad una visione mondanizzata e secolarizzata della vita, scegliendo il rigore dell’austerità eremitica e quaresimale.
Quando gran parte della chiesa reputava sorpassate certe forme penitenziali e i suoi stessi frati lo giudicavano un po’ esagerato nelle disposizioni penitenziale lasciate nella Regola, egli tenne ferme le sue scelte, appellandosi all’amore di Dio (A chi ama Dio tutto è possibile) e alla libera scelta dell’uomo (accettare la penitenza in spirito di libertà).
In Italia l’inviato del Papa lo definì “villano e rustico”. In Francia fu attaccato dai superiori degli altri ordini religiosi che ritenevano le sue scelte di vita cose di altri tempi.
Non ha ceduto dinanzi ai potenti del tempo che hanno cercato in tutti i modi di averlo dalla loro parte, ora con le lusinghe, ora con le minacce. Dinanzi a loro ha rivendicato la libertà di parlare e di gridare contro le loro ingiustizie. Ai re di Francia e di Napoli, che volevano comprare con il denaro la sua amicizia e benevolenza, ripete le stesse parole: “Restituite il denaro alle persone alle quali lo avete rubato”. E non ebbe paura di subire i loro ricatti violenti e le loro minacce.
Nelle scelte di vita è stato sempre coerente fino alla morte. Il biografo coevo dice: “la sua vita è stata sempre la stessa”. Una coerenza non basata sulla monotonia del vivere quotidiano, ma sulla fedeltà ai valori accolti e alle scelte fatte nelle circostanze sempre mutevoli della sua vita. A 91 anni era come a sedici anni, con lo stesso entusiasmo che lo aveva caratterizzato nelle scelte di gioventù, con le stesse convinzioni.
Emblematica è la prova del fuoco. Tenendo tra le mani del fuoco, senza bruciarsi, convince l’inviato del Papa, nel 1467, all’età di 40 anni, sulla possibilità di vivere l’ascesi quaresimale, affermando che l’amore di Dio rende possibile tutto. All’età di 91 anni, il giorno prima di morire, 1° aprile 1507, prende di nuovo il fuoco con le mani per convincere i suoi frati dell’osservabilità della sua proposta di vita, se avessero amato Dio.
Questo è stato San Francesco: un uomo tutto d’un pezzo.

3- San Francesco, l’uomo del dono
Gli anni giovanili sono contraddistinti sempre dalla spontaneità e dalla generosità. I giovani, notoriamente, sempre pieni di vita e di speranza, sono generosi e li troviamo in prima fila nelle iniziative più varie dell’impegno sociale. Pensiamo, oggi, a tutte le forme del volontariato, delle quali appunto i giovani sono la forza più consistente, a costo di grandi sacrifici, tante volte a rischio anche della propria vita. Ma pensiamo anche alle lotte per i grandi ideali: la pace, ad esempio, la lotta alla mafia, le mobilitazioni varie per lottare contro l’ingiustizia: in prima fila ci sono sempre loro. San Francesco di Paola, anche per questo aspetto, è di grande esempio per i giovani; ad essi può dire una sua parola di incitamento.
Nel suo tempo è stato in prima fila nell’assunzione dei problemi che la società presentava.
– Durante gli anni del periodo calabrese della sua vita, ha saputo interpretare la gente nell’ansia di giustizia e di riscatto economico e sociale. Si è servito della vasta rete di relazioni, che la sua posizione gli aveva consentito di intessere, per muovere chi aveva responsabilità sociali ad operare in maniera conforme a giustizia. Ricordiamo la famosa lettera del 1447: chi governa deve usare giustizia e misericordia. Nel riscuotere le tasse, bisogna tener conto di chi è in difficoltà economica.
– Nel periodo francese della sua vita, dal 1483 alla morte nel 1507, sono i grandi problemi politici dell’Europa del tempo ad interessarlo, non ultimo la difesa dagli attacchi dei turchi, sempre minacciosi nei confronti del Sud d’Italia.
La grande lezione che San Francesco dà ai giovani è quella di impegnarsi per un protagonismo, che preferisco definire “senza successo”. Un protagonismo che impegna l’uomo a rispondere ai problemi, sempre e dovunque, per quello che può, senza aspettare i grandi consensi; senza aspettarsi plausi ed onorificenze; senza aspettare le grandi mobilitazioni. Il protagonismo di chi si guarda attorno e, vedendo i problemi che lo circondano, cerca di rispondere con costanza e generosità. Il protagonismo di chi accetta profondamente che la vita si costruisce con fatica attraverso il contributo generoso di tutti.

4- San Francesco, l’uomo della gioia
Una delle note caratteristiche della vita di San Francesco è stata quella di aver dato serenità e gioia a quanti hanno avuto la fortuna di incontrarlo in vita. Nelle testimonianze rilasciate ai Processi di Canonizzazione è ricorrente l’osservazione: “e tutti ritornavano contenti”.
La gioia che egli offriva non dipendeva solo dall’utile che la gente poteva trarre dall’incontro con lui, perché non tutti ottenevano il miracolo che chiedevano. Quanti di loro hanno dovuto accettare l’invito a prepararsi a ben morire! La gioia era frutto di una pace interiore che S. Francesco dava, prospettando i valori della vita, indicando la radice e il fondamento del senso della vita.
La gioia può nascere solo quando sono chiare le motivazioni per cui vivere e il significato che dobbiamo dare alla fatica del vivere quotidiano. Era quanto San Francesco offriva invitando a vivere nel timore di Dio, a guardare verso l’eternità, a vivere nell’onestà del dovere quotidiano, ad accettare i sacrifici della vita come spazio di crescita della propria dignità.
I giovani, lo si sa, sono la speranza del domani, e da questa certezza deriva la gioia che essi sanno dare dovunque si trovano. La loro presenza nella famiglia, in un’associazione, in un gruppo, dà il tono della gioia. E’ classica ed espressiva l’immagine del giovane sorridente con una chitarra in mano sullo sfondo di un paesaggio primaverile. La gioia si coniuga facilmente con gli anni giovanili. S. Francesco può offrire ai giovani delle indicazioni per come avere gioia dentro e saperla diffonderla attorno; per come essere felici e per come dare felicità ad altri.
– La felicità deve esser sempre correlata al bene. Il male non dà gioia e felicità stabile, anche se può dare soddisfazione e piacere immediati. In tal senso, la droga, ad esempio, non dà gioia e non reca gioia, perché distrugge la persona e arreca sofferenza ai propri cari.
– La felicità deve coniugarsi con l’impegno di un lavoro onesto e responsabile. Il facile guadagno, ottenuto recando male ad altri o calpestando la giustizia, non rende felici e non dà felicità. I giovani pertanto devono guardarsi dal cadere nella rete della piccola o grande delinquenza, che promette denaro facile ma a costo di una vita che scorre sul filo del rischio e alla fine della perdita della libertà e della gioia della propria famiglia.
– La felicità deve essere condivisa: in famiglia, con le persone che ci stanno accanto. Se la ricerca della felicità personale è causa di infelicità per altre persone, vuol dire che si è sulla strada di una felicità falsa e non duratura. Il giovane, pertanto, deve tenersi lontano da quelle persone o ambienti che possono portarlo fuori strada.
– La felicità deve essere donata, a partire dalla famiglia, per essere piena. Una felicità chiusa nelle maglie ristrette del proprio egoismo non è mai liberante; crea conflitti, rende instabili i rapporti all’interno della famiglia, e, alla fine, toglie la pace interiore.

Se i giovani proveranno a leggere la vita di San Francesco attraverso il taglio dei loro ideali e delle loro speranze, troveranno in essa gli elementi che abbiamo indicato ed altro ancora, secondo le proprie sensibilità e bisogni del momento.

 

P. Giuseppe Fiorini Morosini

Share This