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LA PIENA INTEGRAZIONE TRA UMANO E DIVINO
IN S. FRANCESCO DI PAOLA

   La rievocazione di S. Francesco di Paola il 2 aprile, giorno della sua morte, ripropone a noi la figura di una personalità che si è imposta nella storia della Chiesa e della società del suo tempo con delle prerogative straordinarie, che lo rendono ancora oggi modello con il quale confrontarsi. Una perfetta integrazione tra umano e divino, tra ricerca di Dio e servizio all’uomo, tra desiderio delle cose celesti e impegno nella storia, tra visione di fede e sforzo di ragione, hanno fatto del Paolano una personalità sempre equilibrata, dalla quale tutti i comportamenti sono scaturiti con unità armonica e con spontaneità, senza lasciar trasparire mai conflitti, dubbi, ripensamenti. Sul letto di morte, con piena lucidità mentale, con certa consapevolezza di fede, con forte senso di responsabilità (era padre, fondatore, superiore generale di un Ordine religioso) sceglie il suo successore nel governo dell’Ordine puntando diritto su di una dimensione di fede, che motivava la scelta del P. Bernardino da Cropalati, uno dei primi compagni delle origini paolane: La sapienza di questo mondo è stoltezza davanti a Dio.
  Mi sembra determinante rivendicare questa integrazione oggi, rigettando come artificiose, o addirittura presuntuose e ridicole, certe scissioni in lui, parlando della sua dimensione umana a prescindere dalla dimensione di fede. E questo maldestro tentativo si colloca in un contesto culturale, che rivela una scissione più preoccupante all’interno della coscienza, ma che è tipica di questo nostro momento storico, tra ciò che è autenticamente religioso e ciò che deriva da altre visioni di vita. Nella mentalità corrente si vogliono far convivere il sentimento e devozione religiosa con morale laica, il ritualismo religioso con la negazione dell’autorità della Chiesa in materia di fede e di morale.
 S. Francesco di Paola si impone a noi nell’unità armonica delle due dimensioni terrena e celeste, spirituale e terrena, dove questa unità è governata e guidata dal principio della sottomissione a Dio e della polarizzazione verso di Lui di tutto, consapevoli che è Lui il principio, il fondamento e il fine di ogni valore. Perciò sul letto di morte può gridare il principio della sua unità e armonia interiore: la sapienza di questo mondo è stoltezza davanti a Dio. Durante la sua vita questo stesso principio lo aveva espresso richiamandosi continuamente all’ottica di fede con quel secundum Deum (secondo Dio), con il quale rivendicava che era l’ottica di Dio a guidare il comportamento dell’uomo.
 Eliminando il fondamento o il principio di questa unità armonica, si distrugge la personalità di S. Francesco e la sua vita perderebbe di esemplarità e di attrattiva. Non gli si addice il cliché di agitatore sociale, perché tale non è stato; non quello di fustigatore di costumi, perché non ha svolto questo ruolo; non quello di tessitore di trame politiche, perché non ne era capace. Ha, però, svolto un ruolo determinante nella presa di coscienza di problemi sociali; ha richiamato al cambiamento di vita tutti i ceti sociali; si è posto come mediatore tra i vari contendenti al fine di salvare la pace ad ogni livello: tutto però è stato svolto perché motivato da una visione di fede, che l’ha portato all’incontro con Dio e, di conseguenza, all’impegno per l’uomo.
Ed è da questa unità e armonia che bisogna partire per capire l’attualità del Santo. Questa non può essere circoscritta in un intimismo nostalgico e sterile, che vorrebbe far rivivere forme di vita ormai superate, che ci parlano dell’eroicità del Santo, e che possono dare frutto solo se ci spingono non a ripetere quello che materialmente lui ha fatto, ma ad incarnare nel nostro tempo e con le forme di oggi il valore che egli ha incarnato con le sue forme nel suo tempo.
 Guai se non fosse così. Francesco finirebbe per essere un prezioso oggetto da museo, che non avrebbe più la forza di coinvolgere. Penso in questo momento alla contrapposizione che è stata richiamata da alcuni tra la ‘grotta’ di S. Francesco e la ‘miliardaria’ nuova basilica a Paola. Si è ostentata una nostalgia della ‘grotta’, che racchiuderebbe il vero Francesco, non più ritrovabile negli ampi spazi del nuovo fabbricato liturgico, quasi che le migliaia di persone, che la forza di attrazione di Francesco porta a Paola, non dovessero trovare modi e spazi per poter tutti assieme parlare di lui, pregare, incoraggiarsi a vicenda, trovare nel comune sentire la forza di andare avanti.
 L’unità armonica della vita di Francesco ha la forza di ispirarci nel nostro tempo (è questa la grandezza del suo esempio) perché noi non andiamo a copiare Francesco nel ristretto mondo della grotta, ma a renderci capaci di dialogare con la fede che si attinge nell’incontro con lui per parlare con lui e imparare ad agire come lui, ma nel nostro mondo. Del resto lui stesso ha superato la ‘grotta’, quando, aumentando i suoi discepoli e creandosi uno spazio di culto per i fedeli, costruisce un convento e una chiesa, e, risultando angusti entrambi, decide di allargare per consentire alla gente, che veniva all’eremo, un’accoglienza proporzionata. E in questa operazione nulla egli ha perduto di quei valori che lo avevano condotto in giovanissima età a ritirarsi in solitudine eremitica. Del resto non si può limitare l’annunzio evangelico alla barca del lago, quando Gesù vi salì sopra per predicare, ma bisogna accettare le possibilità mediatiche offerte dal progresso odierno e parlare di fede attraverso l’etere con radio, televisione, internet ecc.
L’armonia tra l’umano e il divino nell’impegno dell’uomo che crede, è il grande messaggio che parte da Francesco ogni volta che lo si ricorda, soprattutto il 2 aprile. Tale armonia consentirà all’uomo di non esaltare solo alcuni valori a discapito di altri. L’impegno autentico per l’uomo, come espressione della ricerca di Dio, porta a quell’armonia di valori che è tipica di ogni uomo che crede, così come lo è stata di Francesco. Non si può esaltare Francesco come protettore degli animali e dimenticare le sue invettive contro la donna che aiutava ad abortire; non si può ricordare il sangue delle monete spezzate, senza ricordare il rimprovero a chi aveva rubato ciliegie. La verità e il bene non hanno confini e sono dovere per tutti, perché si radicano nel cuore dell’uomo che si confronta con Dio, quando sparisce ogni etichetta umana e l’uomo si trova solo davanti a Lui nella sua nuda umanità.

P. Giuseppe Fiorini Morosini
Correttore Generale dei Minimi
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